mercoledì 5 settembre 2012

Ficino: l'aroma del vino - acqua (13)




La terra deve essere toccata. Penetrata, fatta a pezzi, rigenerata. Disciolta in una soluzione. Il duro, il rigido, deve riprendere il movimento per affiorare in uno stato dinamico. E voler restituire Spirito e Anima a ciò che appare inerte.



Per Ficino, sempre attraverso lo straordinario saggio di Moore, l’aroma del Vino corrisponde all’acqua. Continua il processo di dissoluzione. Lo smembramento dionisiaco, il passo ulteriore della dissoluzione del corpo (vedi pagine precedenti) diviene piacere, essenza, sensualità. E nell’ebbrezza (la dissoluzione della ragione e dei suoi freni) la coscienza diviene più libera. Va da se che ragione e coscienza non sono la stessa cosa. E che la mente, mente!
 

Il vino è nutrimento di questa coscienza. E turbamento dell’ordine comunemente accettato. È penetrazione delle sfere rigide, del censurato, di Saturno, di una brutta quadratura, di una pesante giornata. Il vino arriva all’anima, la nutre, laddove il corpo e la mente arrancano. Bagnare le tempie con il vino, una pratica antica quanto la coltivazione della vite. E Ficino consiglia di bere vino due volte al giorno. Non per effetto dell’ebbrezza e del desiderato oblio. E ne per distrazione del corpo. Ma perché il vino va alla testa, muove ciò che è fermo, ci avvicina ai sottili movimenti dell’anima. Il vino, e il suo aroma. Il sapore.




Il vino, che vive un suo ciclo di trasformazione ha dunque un potere alchemico su di noi. Nella cultura cinematografica esistono due straordinari film che raccontano questo e che invito a vedere e a rivedere, eventualmente. Si tratta di Sideways - In viaggio con Jack, dal regista Alexander Payne (interpretato da Paul Giamatti e Thomas Haden Church) e Un'ottima annata (A Good Year) diretto da Ridley Scott  (interpretato da Russell Crowe). I protagonisti nel loro peregrinare, uno scrittore non realizzato e  uno spietato uomo di affari, subiscono una radicale trasformazione. Una volta a contatto con le energie primigenie della terra e della vite, iniziano a maturare una nuova prospettiva sulle realtà. Cambiano il loro punto di vista e inevitabilmente trasformano il loro destino narrativo (l'astrologia e la narrazione hanno molte cose in comune). Dunque il vino forgia un’esistenza altrimenti uguale. Apre gli occhi. Rinnova la mente. Trasmuta.





L’aroma del vino, quindi. La fragranza espande. Elimina i confini. L’oggetto non c’è, la bottiglia è sparita, il calice rimane vuoto, ma rimane una traccia, l’aroma, l’odore. Così ricorda la protagonista del film di Payne in uno straordinario dialogo sulla vita del cosmo e del vino oltre se stesso. Il lento e inesorabile declino del vino, il suo sapore. La storia del pianeta. La terra che lo innalza. L’anima che lo ascolta. La costante e complessa evoluzione fino all’apice. Dunque il vino, ma anche Psiche, intelletto, anima. Il vino è forte. Oltre la memoria, attiva le energie oltre le barriere consce. La funzione della memoria, la forza evocativa delle immagini. La storia del vino, la nostra storia. Il passato.
 
E qui affiora l’elemento peculiare dell’anima. La memoria, il ricordo, le immagini che la nutrono. Si tratta dell’essenza fondamentale delle nostre esperienze. Essi hanno il potere di muovere l’anima. La memoria. Non solo quella diretta dell’esperienza letterale, ma anche quella psichica, del mondo interiore. Il profumo degli eventi ricorda Moore. La vita astrale e onirica aggiungerei io.

L'esperienza del vino è dunque necessaria per sentire/percepire  il piano di-vino. E per inziare un percorso di ascesa Spirituale e di controllo sul Corpo/Mente. E di osservare la nostra funziona organica e destreggiarla ad una miglior finalità (il segreto alchemico applicato alla chimica del corpo partirebbe da questo presupposto biologico e dall'attivazione della Kundalini, alla base dei primi Chakra, non a caso sessuali)



Il sapore non ha una logica. Ma possiede come un soffio musicale, una frequenza. E forse non ne un caso che sia l’acqua è l’elemento alchemico che Ficino pone all’aroma del vino. Non il calice pieno. Ma il suo odore, il quale suggerisce un progetto, una forza oltre le cose. La vita del cosmo, come quelle degli esseri umani, che in qualche modo possono coesistere e penetrare l’astratto, il piano invisibile degli archetipi, la dimora dei simboli. Il nostro mondo interiore è più reale di tutti. E per questo che tale esperienza fa morire il concreto, l’astratto. Il corpo fisico e le pretese dell'Ego.

L’acqua è l’emozione, l’elemento principale del contatto, il fluire di una energia dentro di noi (bioelettrica o elettrodebole come ricorda il saggio di Giuliana Conforto, Il Gioco Cosmico, su cui ritornerò più avanti).




E qui affiora un altro concetto, apparentemente nichilista e gotico. Ma nell’ottica di Ficino, iniziatico. Il vino uccide simbolicamente il corporale, il concreto, e si avvicina al mondo delle Entità e dello Spirito. Non solo per un suo effetto chimico. Ma per l'osservazione che ci permette di realizzare. Coltivazione, raccolto, frammentazione, distillazione, fermentazione.  Stiamo nel campo dell’alchimia. E l’atanor siamo noi, il nostro corpo, la cui cura deve essere attenta e consapevole. In caso contrario si corre il rischio davvero fatale di autodistruzione tipico di chi cerca di colmare il proprio vuoto con qualcosa di fisico invertendo la sostanza con l'essenza. Per rimanere in ambito squisitamente cinematografico come non vedere questo atteggiamento di Ben Sanderson (alias Nicolas Cage), nel film Via da Las Vegas (Leaving Las Vegas, Mike Figgis)  Ovvero l'opera di un «suicidio etilico».



La pretesa di colmare il vuoto esistenziale con l'alcool porta ad una deviazione dell'esperenza sacra e inizatica del Vino. L'inversione per quanto comprensibile di mezzo con scopo, spiega l'uso esotericamente errato dell'ebbrezza. 
Qui il protagonista di Via da Las Vegas compra dozzine di bottiglie di alcool. 
L'esperienza si esaurisce in se stessa. 
Ed è necessario passare anche attraverso una fare estrema per sentire la voce dell'Anima. Accentandone il rischio.



scena tratta dal film Sideways. Il protagonista perde il controllo!


Non serve il calice. Ma il suo odore, l’essenza. E io compimento con il nostro intento, riconoscere la risonanza dello Spirito (alcolico e cosmico); e il tocco silente dell’anima. E un piano simbolico, sottilissimo. Ed è qui, probabilmente che l’acqua può iniziare a divenire vino. Consapevolmente. Rinunciando al controllo. E alle nostre quotidiane pretese. A patto di saper dosare la misura. E accettare con umiltà il suo contatto. Poichè anche il vino diviene il mezzo per una trasmutazione: quella di superare la contingenza biografica ed esistenziale. Dunque passargli attraverso. E non affogare.