sabato 18 agosto 2012

Cesaria Evora, Mindelo, 27 agosto 1941 – São Vicente, 17 dicembre 2011





La dolce cantante dai piedi scalzi è una vergine. Non conoscendo il suo orario di nascita, quasi tutti la collocano con un orario convenzionale, ore 12.00. Cosa che ho fatto anche io, anche se la tentazione di fare ascendente il segno della sua luna è stata forte (luna scorpionica). Ed è proprio partendo da questa luna che vorrei iniziare. Benigni (scorpione) sale sulle poltrone nel momento della sua premiazione, la Littizzetto (Scorpione) sale sopra le scrivanie con improbabili mosse da acrobata, mentre commenta le notizie. E la nostra Evora, entra in palco con piedi scalzi, segno di fortissima determinazione ma anche grande compassione e umiltà. A piedi nudi sull’erba, recitava Whitman. E a piedi nudi si torna ad un contatto ancestrale con le proprie radici e con se stessi. E la dolcezza del canto, la nostalgia per qualcosa che ci vive dentro, sono assolutamente presenti nella sua arte, nelle sue parole, nella sua voce. Si tratta di una luna forte, intuitiva che va oltre le regole convenzionali, la vita stessa, e fa emergere tutte le cose che uno ha dentro, quasi fosse tornato bambino...
 


La sua vergine accoglie il sole e un mercurio avanzato che cerca di evitare, per metafora, il nodo nord presente nello stesso segno, con la congiunzione a Nettuno. Si tratta di un punto delicato della sua carta che riferisce di un fortissimo bisogno di fuggire dall’ambiente quotidiano e forse, a scanso di equivoci, da se stessa (qui occorre un’indagine biografica precisa che non posso avere per ora). Questo nettuno in esilio rivela molto di questa artista, che probabilmente ha tentato di sublimare molto di se, del suo corpo (valore vergineo) e probabilmente ha volato in alto incontrando altri mondi della fantasia (nettuno congiungo al nodo nord potrebbe aver portato anche momenti di forte sconforto se comprovato dalla sua biografia).


Tutto questo può essere un segno di un’iniziale difficoltà alla vita che può far registrare un mancato adattamento pratico, come pure una sorta di rifiuto del mondo in quanto non compreso secondo i propri canoni. Ma Cesaria saprà trasformare questa possibile debolezza. E i fatti sono più che chiari.



La difficoltà di lettura di questa carta è data dalla mancanza di un orario di nascita. Tuttavia emergono diversi elementi. È assai probabile che la persona abbia sofferto restrizioni al proprio movimento e al proprio pensiero. Come una certa difficoltà di cambiamento che non arriva è descritto dal quadrato sole a Saturno/Urano la cui congiunzione può indicare un vero e proprio blocco psicologico, una sorta di chiusura. E forse è il compromesso che l’artista ha dovuto sacrificare, rinunciando alla carriera di cantante per aiutare la sua famiglia, i dieci anni di oscurità come lei li chiamava. Urano, l’intuizione e il cambiamento, e Saturno, l’ombra possono suggerire la misura della sofferenza di una scelta che non giunge, ben descritta nella psicologia mercuriale del segno della Vergine. E forse c’è qualcosa che lei stessa si aspetta che arrivi. E non avrà tutti i torti.



Nel 1988 Jose da Silva, cantante e poeta, la convince ad andare a Parigi dove inciderà il suo nuovo disco. Da qui in poi, all’età di 47 anni, inizia la carriera mondiale dell’artista. Come non vedere questo “ritardo” nei valori dei pianeti generazionali dominanti nel tema come Nettuno, Urano e in questo caso Saturno? E soprattutto come non considerare questo evento come una espressione del Se animico che scardina il programma astrologico? Ci troviamo di fronte ad una psicologia e una artista capace di integrare il proprio tema natale, e di trasformarne le sfumature più complesse.

La quadratura Luna/Plutone, poi, descrivono un ulteriore blocco – forse questa volta molto più fisico e psicologico che esistenziale –  che può avere anche una sua collocazione più sessuale o libidico (coinvolgimento del leone come procreazione e motore del cuore ma anche scorpione notoriamente indicante organi genitali). Anche qui la mancanza di elementi biografici non mi permette di sondare ulteriormente questa confutazione ma il coinvolgimento del Leone come melotesia del cuore e simbolo della circolazione (asse acquario/leone) potrebbe descrivere in senso archetipico un problema di sentimento, di passione e di sensibilità che con il tempo ha potuto generare un quadro clinico (ipotesi psicosomatica ovviamente da studiare in altra sede).



Giove quadrato ai nodi, poi, indica la difficoltà di ascesa sociale che il programma astrologico gli ha assegnato. Ma non tutto il male viene per nuocere. Anzi, con questi forti valori, Nettuno in primo luogo, l’artista ha saputo rivoltare il simbolismo della sua carta, divenendo egli stessa, testimonianza di un dolore. La vita, il canto, l’amore, la memoria. Tutto questo ci ricorda l’alto valore della sua musica, e della morna (musica folclorica capoverdiana).




Il trigono tra il visionario e sfuggente Nettuno – eclissato dal nodo nord – e Saturno/Urano e Lilith, a mio parere, sono esattamente un manifesto poetico della cantante. La testimonianza di una rassegnazione esistenziale che non si arrende allo stato delle cose e diviene spiritualmente consapevole di un contributo. Il canto (nettuno e la musica da sempre legati) è testimonianza di un dolore, delle cose umane, di un potere che non lascia liberi, di una mancata riappacificazione con se stessi e con il mondo. E per questo non bisogna fermarsi. La diva dai piedi scalzi è l’Elisir di questo dolore. Portando consapevolmente la sua storia, ella ha travolto il programma astrologico, tagliandone i condizionamenti ben evidenti sulla sua carta natale.



Marte in Ariete poi non lascia dubbi: la donna combatte eccome. Il quinconce al punto Nettuno/Nodo evidenzia come la sfida più importante di questa anima sia stata proprio questa trasformazione. Le restrizioni imposte dalla vita, troppo spesso ingiusta, sono l’esempio evidente di una trasformazione davvero impressionante che lascia davvero il segno. L’anima di Cesaria esiste ancora, la sua forza, la sua arte, il suo canto. E con essa la capacità di trasformazione del proprio ruolo nel mondo, al di la della contingenza storica, del caso della cronaca, e delle ferite interiori. Cesaria con la sua arte ha davvero vinto tutto questo ed è rinata oltre la sua stessa vita. 







giovedì 2 agosto 2012

Ficino: il vino – Terra (12)






"Voi senza dubbio sapete che il corpo pesante si nutre di quattro elementi pesanti. Sappiate dunque che il corpo spirituale si nutre di quattro elementi sottili. Per questo corpo infatti il vino sta al posto della terra, l'odore stesso del vino fa le veci dell'acqua, ancora i canti e i suoni le veci dell'aria, la luce poi ci offre l'elemento igneo. Di questi quattro elementi soprattutto si nutre lo spirito; di vino, dico, del suo odore, di canto e di luce.  [...]"


(Marsilio Ficino, 1433-1499)


Bere. Beviamo dunque! E bevendo si esprime un desiderio e un bisogno. Con questo verbo Ficino descrive “il processo dell’assorbire lo spirito dal mondo” quasi fosse una raffinazione alchemica di altra sostanza. E non a caso suggeriva il filosofo di «circondarsi di fertili fonti di spirito» per assetare l’anima. Di avvicinarsi alle sorgenti, di cercare l’acqua sorgiva.

Ma l’io, fa resistenza, è stanco e non vuole saperne di cercare raffinare l'acqua. Ancora una volta la lotta tra le due menti, quella pratica e letterale, e quella immaginativa e animica. Ed entrambe presenti nella nostra realtà. Con una particolare convenienza a dare spazio all’identità dell’io, alle sue sicurezze sociali, alla ricerca di considerazione da lasciare in disparte il viaggio dimensionale dell’altra. Un punto di vista che, per quanto naturale e spontaneo possa sembrare, è fortemente condizionato dagli eventi del passato, dall’esperienza personale, dalla convinzione assolutamente incontestabile che si è solo e soltanto così. Io sono io e basta!

L’astrologia ci spiega molte cose su questo io. E lo fanno anche le tradizioni esoteriche più antiche come l’albero della Cabala, il sistema dei Chakra, il simbolismo dei Tarocchi. Tutte raccontano la storia del nostro corpo, la sua formazione generazionale e culturale e i demoni da affrontare, i strati protettivi della psiche. Tutte ci parlano della fascinazione di questo io e della difficoltà di rifondarlo con il tutto. Identificandosi con il passato, l’io blocca sul nascere le altre esperienze così necessarie all’io. E il tempo come vedremo, è un altro elemento assolutamente indicativo per questo luogo.


Anima e io non sembrano andare d’accordo, afferma giustamente Moore. Come un patto inalienabile, abbiamo promesso a noi stessi di essere in un certo modo. E non ci concediamo altre aperture. Resistiamo ai moti dell’anima, alle sue divagazioni sublimi, alla musica che essa percepisce. Forse tutto quello che c’è da fare è quello di accorgersi di questa visione; di integrare la nostra dimensione dell’io biografico e anagrafico, con l’anima che pure siamo noi.

L’io è Senex. È vecchio, irrigidito. È archetipicamente Saturno che cerca le sicurezze materiali, l’accudimento e l'autorità, il vecchio Padre, la Tradizione, e non ammette la sovversione del Sistema.

Saturno – Crono è anche il tempo, la dimensione lineare del prima e dopo, e di tutti i suoi rituali. Quello dei valori sociali, e quello dell’allerta psicologica (per chi ha letto Zeland Vadim, è il pendolo). L’io ha delle regole e si attiene a queste (appunto la personalità, i suoi rituali, il suo modo di elaborare le emozioni, le convinzioni). L’anima, da parte sua, è “morbida”, è soffio ma soffre per non essere riconosciuta e ne sentita. E probabilmente è anche un po’ confusa!



Saturno in pentola (la cottura dell'Io?)
La stampa offre una importante riflessione sulla "cottura"


Ma appunto, per una sua irrimediabile condotta, l’io finisce per morire di se stesso, rigor mortis, dice Ficino. 
 
Il processo è il mito indicato da Dionisio/Osiride. Morendo, ed essendo fatto a pezzi, come l’uva schiacciata del vino, nasce un nuovo punto di vista e giungono nuove sensazioni. Fermentazione, essenza. Nuova vita. Dunque esiste un destino scritto in ogni vita nella galassia. La mancata integrazione tra Anima e Mente (mente subconscia appunto, qui l’io rigido) produce la morte fisica. Poiché nessuna trasmutazione avviene, lo Spirito non entra, e la vita diventa scopo in se stessa. È un messaggio potente, incredibile che ricorda molto il passo di Nicodemo con Gesù sulla seconda nascita:

Gesù: se uno non è generato dall'alto non può vedere il regno di Dio. Nicodemo gli disse: Come può essere generato un uomo già vecchio? Può forse ritornare nel grembo della madre e nascere? Riprese Gesù: In verità in verità ti dico: se uno non è generato dall'acqua e dallo Spirito non può entrare nel regno di Dio. Ciò che è generato dalla carne è carne, ciò che è generato dallo Spirito è spirito. Non meravigliarti se ti ho detto: occorre che siate generati dall'alto. Il vento (lo spirito) soffia dove vuole, e tu odi la sua voce, ma non sai donde venga né dove vada: così è chiunque è generato dallo Spirito (Giovanni 3,1-20).

Rinascere dai Cieli, in Spirito, essere generati dall’alto. Dunque, una riflessione profonda su quanto affermato, può essere fatta da tutti noi. Trasformazione, cambiamento, trasmutazione. Per generare questa intesa, però, è necessaria l’esperienza della rinuncia, dell’abbandono, della scelta non convenzionale, del distacco lucido, superamento della fase narcisistica dell’io. La "persona" rafforza il suo attaccamento al cordone, che appunto per ri-nascere, deve abbandonare. Un salto nel buio che fa paura. O schiacciare l’uva significa conoscere le parti di cui si è composti (esperienza dello smembramento a cui i miti di Osiride, Dionisio e Shiva si rifanno in modo esemplare), e comprenderne il tipo di relazione, il modo di funzionare.





Il vino, come essenza di Spirito (il vino della Messa) allenta la tensione vissuta dall’io. Il vino come sensazione e come processo di osservazione, come percezione di altro. Stato mentale dell’iniziato che attraverso la follia, si avvicina alle immagini altre, alle dimensioni dello Spirito. E non ultimo il piacere sensibile che pure riguarda la “sete” dell’anima.

La Terra piombo di Saturno diventa Terra fertile per la vite e il vino. La Terra grande madre diviene garante di una tradizione che contiene lo spirito e l’accudimento dell’anima. E a suo modo anche la terra, per offrire una certa esperienza, deve trasmutare e mostrare la sua epifania. Lo stesso noi, che assorbiti dal mondo reale, ignoriamo le altre vie. Il vino apre!

Non si tratta di un piacere edonistico e carnale. È un piacere totale, del corpo e della psiche, che attiva la sospensione del tempo, l’abbandono dell’io oscurante e preoccupato (l’ego della disistima, per esempio). “Il piacere non mira al raggiungimento di scopi e di realizzazioni, anzi, il contrario; il piacere un ulteriore incentiva a entrare in qualche fantasia” ricorda Moore nel suo saggio su Ficino.

Qui il vino diventa simbolo ed elemento reale di una condizione sensibile per cogliere lo Spirito e l’Anima. Non divertimento (divertere, appunto allontanarsi da un riferimento, volgersi altrove) ma intrattenimento, luogo psichico e dimensionale di una esperienza assolutamente astratta e interiore. L’intenzione del soggetto deciderà il senso di questa esperienza: ebbrezza, sbronza, estasi, rilassamento, degustazione. Qui poco importa. Quello che conta che il piacere descritto da Ficino è uno stato d’animo che allontana le seccature dell’io e della sua apprensione al mondo sociale. E' il vino che smembra le certezze illusorie ed effimere che tanto abbiamo faticato ad ottenere e consolidare.


Chiunque beve di quest'acqua avrà sete di nuovo; ma chi beve dell'acqua che io gli darò, non avrà mai più sete;
 anzi, l'acqua che io gli darò diventerà in lui una fonte d'acqua che scaturisce in vita eterna” 
 Giovanni 4:13 - 14
 
























E il vino nel calice diventa qualcosa di molto potente. Il calice, che contiene, richiama propriamente il femminile, qui altrimenti Anima. E lo Spirito/Vino riempie il calice per divenire trasmuitazione/donazione. Appunto l’acqua segreta/secreta che sazia la sete.