martedì 17 aprile 2012

Marsilio Ficino (10) Condensazione e Sublimazione (ovvero dei detriti)


L’alchimista cerca l’oro. Questo è un fatto noto. Ma questo oro non è quello metallico o fisico, che incrementa potere e ricchezza materiale. Ma bensì interiore. Il Se aureo, la parte più alta di noi, quella che “brilla di spiritualità”. Ed è importante dire che oro sta probabilmente a contatto con la stessa anima.


Il fatto ci viene perfino dalle tavole babilonesi tradotte da Zecharia Sitchin nei suoi 13 volumi che parlano degli Annunaki come creatori della vita terrestre e dell’essere umano, l’adam. Creati, traduce l’autore, per cercare l’oro nelle miniere. Dunque schiavi. Eppure la metafora appena descritta, alla luce di molte altre ricerche, quelle di Malanga per esempio, o dell’alchimia, appunto,  potrebbe cambiare di molto la prospettiva. La creazione della vita e del corpo umano permette di inglobare l’oro interiore, ovvero l’energia oro (Roberto Zamperini è il primo autore italiano a parlare della dinamica sottile di questa energia). Fattore energetico e spirituale che potrebbe coincidere con Anima. Dunque gli Annunaki cercavano il modo per catturare questa energia, proprio come fa il diavolo che “ruba” l’anima. Attraverso la costruzione biogenetica dell’essere umano. Ma questa, ovviamente è un'altra storia e non può essere trattata così alla leggera.


 
Una osservazione è tuttavia d'obbligo. Il termine Adam è tanto importante nella letteratura del professore Sitchin, quando nell'alchimia e nelle sue terminologie iniziatiche. Anche nella mistica ebraica argomenta l'uomo primordiale o superno conosciuto come Adam Qadmon, l'ultima creatura creata, ovvero l'essere umano. La sua rappresentazione è propriamente l'Albero della Cabala il quale rappresenta anche il corpo umano e le sue strutture energetiche.



Nell’alchimia al centro dell’opera vi è, dunque, l’oro interiore, punto centrale anche di questo capitolo ficiano: la condensazione e la sublimazione. Il solve et coagula già trattato. Condensazione del mutevole, concretizzazione degli schemi spirituali; sublimazione del fisico del letterale in vapore. Stiamo ancora trattando la centralità interiore dell’essere umano in riferimento ad una presunta spiritualità altra e alta.

la carta numero 15 dei tarocchi può essere interpretata anche come il solve et coagula
ovvero il lavoro sulle energie "entranti" e "uscenti" per usare una terminologia poco tecnica. 
La lettera di riferimento è la Samech, che concilia con l'Ourobouros.





Scaldare cuocere bollire arrostire. Nel bollire troppo il contesto pratico della vita potrebbe divenire meno produttivo; ma i valori di anima si colgono con più facilità, emergono. In terapia o in analisi ciò che rimane stagnante o pesante nel fondo della pentola inizia a bollire, emergendo sulla superficie: i ricordi del passato, la zona onirica dell’inconscio, sentimenti coperti e familiari. Nel punto caldo inizia un confronto con quello che abbiamo dimenticato di noi. Il calore riporta in superficie quello che abbiamo sepolto. L’alchimia anticipa di secoli la psicoanalisi e la scoperta interiore. E il punto è proprio questo, ricorda Moore: “l’alchimia comincia con un pasticcio, con immondizie e scorie, la massa confusa alchemica, lo sgradevole pasticcio che è la materia grezza, la prima materia dell’aure Sé”.


Con l’alchimia si entra in contatto con il latente. L’alchimia permette un confronto tra l’io quotidiano, quello che noi conosciamo come “me” e il Se, profondo interiore fin troppo nascosto alla luce del sole. l’Io preferisce l’ordine, la pulizia e non vuole saperne di detriti se pur questi esistono nel fondo della pentola. L’alchimia sa che la via passa attraverso il sudiciume. Come ricorda Moore «se non hai del sudiciume faresti meglio a darti da fare per procurartelo!». Cosa che lui stesso ricorda in modo sorprendentemente franco: la psicoterapia è come mettere insieme la propria merda”. Si capisce anche da questo perché occupare il divano dell’analista non è un posto molto comodo! Tutt’altro. Si tratta di una grande prova.

Il paradosso è proprio qui. Lo stesso Jung sosteneva che il sudiciume era necessario per la disciplina della psicologia stessa. Molte persone che hanno bisogno di terapia sono coloro che hanno evitato l’incontro con il sudiciume, si sono irrigidite nella loro identità egoica, hanno cercato di evitare l’incontro e di coprirla.

La sublimazione quindi è un riconoscimento della nostra parte bassa, e della sua legittima presenza in noi. È roba nostra! Lo abbiamo già ripetuto: l’anima la si riconosce partendo dal basso. Li esiste la materia prima necessaria per la cottura, e per il riciclaggio di tutto quello che pensavamo brutto, sporco e cattivo. L’anima ha una sua prima epifania in questa parte della vita.



Un ultimissima cosa. E' interessante osservare quanto il concetto di anima sia vicino alla dimensione astropsicologica dello Scorpione, per altro proposto nei primi post. Il segno della VIII casa è il luogo della libido e al contempo luogo degli escreti, si compone del profondo buio, dei detriti e per questo può indicare una dimensione di trasformazione, di morte e rinascita dell’individuo con un riferimento davvero significativo nella ricerca della propria anima.

martedì 3 aprile 2012

Ficino: soluzione del corpo (9)




L’opera alchemica inizia con la soluzione del nostro corpo. Ma che significa? La frase, come ricorda Thomas Moore, è evidenziata negli studi di Arnaldo da Villanova, alchimista, medico e letterato apprezzato da Bonifacio VIII, Benedetto XI e Clemente V.  Per altro è assai nota la sua attività di ricercatore medico e astrologo e questo ci riconduce al centro della medicina ficiana.



Il significato può essere posto su diversi piani. Soluzione del corpo potrebbe voler dire attenzione alla fisicità e alla materia; oppure un forte coinvolgimento del corpo che altro non sarebbe, come ricorda Freud, un’estensione dell’Io. Ma forse, in ambito psicoastrologico potrebbe indicare qualcosa di più complesso. La soluzione del corpo, in effetti, è in primo luogo una “rinuncia” alla propria natura fisica. O come preferiscono professare gli alchimisti, la soluzione del corpo è il solve. Questa “rinuncia” è l’esatto incontro tra Spirito e Corpo e il loro dialogo spesso simbolico, sibillino o perfino sintomatico (si pensi al linguaggio della malattia che Rudiger Dahlke e Tohrwald Dethlefsen hanno trattato nei loro noti volumi). 
 


I due testi per quanto distanti dal contesto storico e filosofico di Ficino, riferiscono, tuttavia, una importante visione sul linguaggio dell'anima e sul concetto di malattia come codice comunicativo del corpo, indice di una sintomatologia psicoemotiva precisa. 
In altre parole stiamo argomentando il valore dei pianeti interiori e dei loro archetipi. Tanto è che Dahlke nella ultima redazione di Malattia come Sintomo inserisce nel suo prontuario i principi planetari di ogni singola malattia.


Esiste un campo, un punto di contatto dove Spirito e Corpo entrano in contatto e formano una nuova coscienza. A volte questa emerge in modo assolutamente costruttivo; altre in modo diverso, trasversale, occasionale. Il punto è saperla osservare. La soluzio è il punto in cui l’azione fisica e il progetto di vita si ferma per puntare l’attenzione nel centro interiore, luogo della psicologia umana, del sentire. Svanisce il confine per entrare in una nuova regione.
In alchimia la soluzio richiama l’acqua che pure ricorda il rito battesimale. L’acqua della psiche dissolve e forma anche, diventa elemento di nascita di qualcosa. Ma c’è di più: la soluzione alchemica decompone la sostanza corporea nelle sue parti, attivando una separazione, evitando la fissità terrestre, elevandola da un valore altrimenti esterno. Il dentro. Il profondo. Non significa eliminare il corpo e ne rifiutarlo. Ma questa operazione tenta di portare dentro di se il reale, sentire dell’essere umano e della sua psicologia.  Si diventa cosi consapevoli delle correnti interiori, dei travasi, dei giochi di acqua, dei movimenti inconsci, si risale alla sorgente primigenia. Li c’è una zona in cui pensiero e azione, sogno e realtà non hanno poi questi confini ben definiti. Ed è qui che cogliamo la progettualità dell’immaginazione intenta secondo un suo stile e un suo linguaggio a creare ponti, ruscelli e rive per quest’acqua. Si tratta quindi di autosservazione, di percezione profonda del se, di analisi del nostro progetto interiore. Il tema natale ne è la conferma: volenti o nolenti questo progetto esiste. Ma forse scopo dell’essere umano, ammesso che esista una possibilità teologica o gnostica di rintracciarne uno, non è quello di conoscere se stesso attraverso il codice astrologico o della matrice, quanto piuttosto sperimentare le proprie fantasie, i progetti virtuali, la propria imperfezione, il sentire reale e le sue qualità. Dunque vivere e agire, piuttosto che riflettere sulla metafisica. Forse.

 
In questo processo di autosservazione tuttavia emerge molto di noi. Ed è un processo delicato quasi aleatorio. Mentre tentiamo di tirare fuori la nostra anima, possiamo osservare le nostre fantasie e la nostra immaginazione. Disciolte, ovvero applicata la soluzio, possiamo vederle in superficie, vedere in molti personaggi interiori che animano il vissuto interiore. E quanto questi finiscano per emergere in comportamenti reali nella vita fisica e quotidiana. È un’operazione potente. Un ritorno all’origine, una scomposizione che permette di vedere la nostra reale “immagine” e quale suono spinge a certe azioni, per quanto coscienti o automatiche.

Questo piano di osservazione è la regione di anima; mentre la cerco e la vedo osservo il modo in cui io stesso agisco con la mia immaginazione la mia programmazione, la mia storia. Questa regione è quella di anima. E in questa stessa osservazione si attua la soluzio/rinuncia delle rigidità o dei programmi interiori installati nel nostro corpo e nella nostra mente. Anche questo aspetto non può che essere avvicinato alla medicina dell’anima e alla presa di coscienza. Qui corpo e mente si incontrano, e la vita inconscia fluisce verso la superficie. E per usare un’espressione più esoterica il quadrato (la natura degli elementi che formano l’io naturale) divengono triangolo (ovvero Corpo Anima e Spirito). Attraverso questo processo c’è una reale e personalissima iniziazione a se stessi, una consapevolezza il cui riconoscimento permette di capire chi siamo o cosa veramente “sentiamo”. Poiché questo sentire è davvero più preponderante nella nostra esistenza di quanto possiamo pensare. E dunque la soluzio permette anche di recuperare questo sentire troppo spesso autocensurato.


 
E al contempo questa osservazione richiede una pulizia dei detriti, una purificazione interiore. Ficino parla di purificazione come processo psicologico del diventare più celesti, ovvero nel riconoscere la propria origine non soltanto nel sistema corpo/fisico ma anche per il progetto elevato e complesso che incarniamo, come intelligenza del corpo, come progetto sociale capace di agire, come intenzione scritta nel tema natale. Nel diventare celesti si attua una purificazione della “sozzure” e tutte quelle cose che si sono attaccate alla nostra vita e per questo sono dissimili dal cielo (dal mondo dello spirito). E per suo conto lo ripete anche Arnaldo di Villanova nel suo Commentario al Regimen Sanitatis Salernitanum (raccolta di massime igenico-farmacologiche). La soluzio permette la pulizia interiore poichè nella stessa osservazione riconosciamo il superfluo, il residuo, il detrito.

In soluzione si avvia la purificazione. In soluzione i movimenti sono tutti percepiti: quella della luna veloce, e quella del lento Saturno, perfino del lontanissimo Plutone, che Ficino naturalmente non menziona.  In soluzione i movimenti sono riconosciuti e la dimensione psichica riconosce se stessa, attivando al contempo una pulizia. Mettendo le cose in ordine, comprendendo una serie successiva di cose che ci riguardano tanto nel piccolo quanto nel grande. E perfino le emozioni, proprio loro, come opera la psicoanalisi o uno psicodramma, o le cose dell’Arte, possono uscire fuori realizzando una catarsi salvifica (il termine catarsi richiama tanto una soluzione quanto una purificazione).

Dunque è un processo più che naturale, che può essere realizzato con un’attenzione attenta, volontaria, consapevole. Soltanto da questo passo, volontario, si attua la spontaneità di un movimento, che altrimenti è indice di comunicazione tra Corpo e Spirito, tra mondo fisico e mondo Divino. Con la soluzione si realizza un confronto tra le idee dell’io se e le sue fantasie. La vitalità psichica, la salute mentale e l’integrità fisica possono emergere da questa disponibilità agli “oggetti” interiori. Non più quelli forgiati dalla natura e dalla sua sorte. Ma quella di un intelletto sensibile e spirituale, consapevole del suo esserci, che vive dentro ogni uno di noi, che pure coinvolge ogni atto fisico del nostro essere in vita. Dentro questa regione abita un’intenzione archetipica originale che continua a spingere la nostra vita tra la sorte del caso, e l’intenzione di un destino. A noi la scelta.